Introduzione
L’India è un mosaico complesso, dinamico ed affascinate, in cui la distanza con l’Occidente è fortunatamente ancora evidente. Una differente visione dell’architettura, ispirata da riferimenti storici e modelli organizzativi a noi sconosciuti, in merito all’importanza del tempo come agente modellante, al ruolo mutevole della tecnologia, a una differente concezione di spazio e di memoria: queste sono solo alcune delle problematiche di un Paese ancora timoroso di assorbire passivamente una qualunque forma di colonialismo. Le differenze climatiche, storiche ed antropologiche dell’India, legate ad un agglomerato culturale e religioso assai eterogeneo, contribuiscono a rafforzare la precarietà di qualsiasi movimento che abbia storicamente tentato un’unificazione linguista e di intenti, anche in architettura e nelle sue tecniche. Lo sviluppo tecnologico, in contesti come questo, rappresenta un’opportunità, dato l’immediato raffronto legato alla condizione di necessità, non solo come strumento risolutivo di problematiche meramente spaziali, ma anche per quella sua connotazione sociale che rafforza la mentalità precedentemente illustrata.

Modernismo e tecniche contemporanee
La prima fase del modernismo indiana appartiene fondamentalmente al periodo del regime nehruviano (1947-1975), durante il quale assunse un forte valore simbolico di fiducia nel futuro. Le tecniche impiegate poco si discostavano nelle modalità d’applicazione da quelle più strettamente occidentali, con una propensione all’utilizzo del mattone, data la sua forte presenza locale. Il “progetto moderno” nel ridefinire costantemente la relazione tra Oriente e Occidente attraverso un’esperienza modernizzante tenta di ristabilire l’identità di una Nazione estremamente frammentaria per differenze culturali e climatiche – già precedentemente delineate nel testo – sebbene ispirata dalle stesse idee socialiste che influenzeranno la futura democrazia indiana.
L‘ infrastruttura fisica cerca di inserire anche degli aspetti più prettamente sociali attraverso la regolazione degli spazi, ricorrendo all’uso della geometria pura, cercando di adattarla ad un ambiente diverso e selvaggio come quello indiano. L’India è stata caratterizzata da un fenomeno di accettazione e simultanea resistenza nei confronti delle ideologie occidentali. Il movimento moderno fu infatti recepito come un tentativo di sintesi tra quegli aspetti più propriamente locali e le forme occidentali, adottando idee appartenenti alla tradizione ma sviluppandole attraverso nuove tecniche e materiali.
L’indipendenza indiana ed il suo secondo Modernismo, sebbene in apparenza abbia sancito la fine del dibattito circa architettura e identità, di fatto non ebbe l’impatto sociale desiderato, lasciando di fatto inalterato lo stato di frammentarietà ereditato dalla nazione. Allo stesso tempo, una maggior attenzione alle tradizioni portò ad un tentativo di ristabilimento di metodi più artigianali per risolvere questioni sia di identità culturale sia adeguatezza economica. La società multi-etnica e multi-religiosa trova oggi un patrimonio di riferimento legato da una parte alle ideologie moderniste lievemente radicate nel contesto, e dall’altra alla produzione artigianale che persiste tra l’altro con un maggior potenziale di sviluppo in una prospettiva attuale. Possiamo pensare alla ceramica, all’argilla, ai mattoni essiccati artigianalmente e al bambù, elementi di finitura talvolta anche strutturali. Riconciliare questi metodi produttivi manuali ai rigorosi principi del modernismo, è stato complesso e ha richiesto un deciso addomesticamento linguistico, riflesso del caleidoscopico pluralismo del paesaggio architettonico indiano spesso citato da Charles Correa.

Tecnologie indigene e auto-costruzione
Nonostante i precedenti presupposti in merito al clima e alla non unitaria condizione coloniale dell’India , alcune tecniche e soluzioni costruttive assumo una forma ricorrente e persistente indifferentemente da questioni storiche o linguistiche. Il tempo può essere impiegato differentemente all’interno dell’ “auto-costruzione” che miscela pratiche consolidate con autoctone tecnologie innovative. Le “tecnologie autoctone” assumono in questo contesto l’importanza di una diretta connessione con l’ambiente e la società, attraverso l’uso e l’adattamento ai luoghi. Queste tecniche non solo comprendono le pratiche costruttive ma assumono anche gli aspetti antropologici nell’uso che se ne fa nella vita di tutti giorni.
Una prima pratica ricorrente è sicuramente rappresentata dalla scelta dello spazio aperto circolare come luogo della condivisione, del ricordo e per la sua neutralità iconografica in relazione alla multi-religiosità dell’India. Questo tipo di spazio sia in zone densamente costruite, sia se isolato, mantiene il suo valore simbolico insito nella forma stessa. Molto spesso è un luogo nel quale ci si può sedere direttamente per terra (fatta eccezione per Ahmendabad) o è progettato semplicemente in modo tale da creare un senso di unione. Questa persistenza evocativa è probabilmente riconducibile al bisogno, in un contesto così esuberante e talvolta persino violento come quello tropicale, di trovare, in alcune occasioni, un perimetro più definito.
Altro elemento ricorrente, tipico degli ambienti tropicali, ma qui esaltato perché spesso aggiunto ad edifici esistente, è il porticato. Il porticato inteso non solo come adombrato elemento di transizione, ma spesso come ambiente abitato. Questa declinazione tropicale del portico, che perde il suo carattere pubblico per privatizzarsi, rappresenta un nuovo modo di vivere lo spazio dopo la costruzione. L’ambiente naturale è in definitiva un’altra costante, un elemento a cui relazionarsi con la consapevolezza del suo vigore, spesso invasivo, con le radici che dominano strade ed edifici anche in facciata intaccando i materiali usati per le superfici. E’ una costante che gli indiani accolgono con indifferenza ma che rappresenta in realtà una variabile prepotente e di difficile gestione nel tempo.
L’ombreggiamento rappresenta una delle più comuni soluzioni costruttive adottate nei climi tropicali, e l’India non fa eccezione. I frangisole indiani presentano delle caratteristiche che li rendono peculiari, quali ad esempio, lo spessore orizzontale (pensato per il sole del sud), ed il fatto di essere strutturali. Spesso infatti non vengono montati in un fase successiva a quella progettuale, ma sono parte dell’istallazione tecnica e linguistica dell’edificio. Molti di questi tipi di oscuramento non sono la traduzione di accurati studi basati su mappe e percorsi solari, ma derivano dall’esperienza di un’industria edile basata sull’imitazione delle tradizionali architetture. Questi piccoli elementi di differenti misure – spesso in mattoni o in laterocemento – ben esprimono quella fusione tra modernità e tecnologia autoctona di cui sopra.
Un altro tipo di schermatura più snella e leggera nell’involucro viene semplicemente appesa fuori dalle finestre e spesso collaudata con tecniche auto-costruttive. In questo caso la regola è viceversa quella di contribuire alla diffusione della luce e al confort interno. Questi componenti sono in maggioranza privi di una struttura portante delegata invece a quelle barre metalliche presenti in altezza negli edifici per ovviare a possibili problematiche di intrusione ma anche agli animali.
Infine, il tema dell’ornamento che qui in India esprime un desiderio di appropriazione dello spazio con tecniche autoctone. Assume qui un valore ed un significato nettamente superiore rispetto alla visione occidentale della decorazione, carico di una simbologia legata a credenze popolari e ad uso lento dello spazio nel tempo. Il tema ornamentale indiano è spesso trasposto alla preziosa produzione tessile, ricca di dettagli, antichi simboli e delicati motivi ripresa dall’architettura sacra.
Come Correa sottolinea in molti dei suoi testi, in India “il costruttore è l’utente” a causa del clima tropicale che rende lo spazio aperto un luogo da conquistare in relazione a condizioni termiche, solari e talvolta umane assai complesse.

Il Futuro dello Sviluppo Artigianale
I casi precedentemente evidenziati si adattano bene ai possibili sviluppi tecnici volti a valorizzare un processo progettuale artigianale, capace di rappresentare nuovi metodi costruttivi, influenzati dal contesto ma nel contempo sensibili a differenti livelli di innovazione. Le principali innovazioni che si possono introdurre sono metodi di assemblamento a secco, che rispondono efficacemente alle condizioni degli ambienti tropicali e di quei luoghi in cui l’adattamento al contesto necessita un’estrema flessibilità, l’ibridazione di materiali tradizionali e tecniche avanzate, creando soluzioni eterogenee che accentuino la matericità delle soluzioni garantendo nel contempo performance tecniche efficaci e ma anche una buona resa estetica, e infine la resistenza ad una condizione climatica piuttosto aggressiva in entrambe le stagioni.
L’economia locale si fonda su esperienze in relazione a una trasmissione di conoscenze che rischia, oggi, di perdersi a causa di una globalizzazione di metodi e processi irrispettosa della realtà locale, economicamente molto fragile.
Dall’altro lato è possibile registrare un incremento nell’istruzione universitaria che attrae molti studenti, consapevoli della ricchezza di risorse del Paese legata a conoscenze congenite e insite in questa terra, non necessariamente derivate dai Paesi industrializzati. I due elementi combinati, lasciano intravedere lo scenario promettente di una produzione artigianale avanzata collegata all’edilizia e capace di rispondere alla necessità sociale di un riconoscimento culturale senza tuttavia rinunciare a contribuire allo sviluppo del settore tecnologico in architettura.
Questi aspetti evidenziano quindi un nuovo e ampio orizzonte competenziale, modelli di sviluppo dell’ambiente costruito e interazioni tra la società civile e lo scenario internazionale, ponendo l’India ed il suo contesto dinamico, tra i Paesi che senza dubbio affronteranno un’evoluzione sociale democratica, perseguita dal Paese ormai da lungo tempo.

 


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