Mentre prepariamo il numero sul libro di Ariela Rivetta, proporremo qualche testo che documenti le ricerche degli anni ‘60/’70.Di essi, quello che segue, di Niccolò Gaudio segnala, della ricerca teorica di allora, la discussione critica sui modelli, che decreta la fine del modello lineare chiamato da Linch, città della macchina. Non si cerca una trattazione sistematica ma una documentazione puntuale di momenti chiave. Dalla critica del modello lineare, e, in generale dei modelli, è emerso il concetto di processo. É pienamente sintonico con lo zeitgeist del presente d’oggi. Purchè lo si liberi dalla pretesa di spontaneità e anti-progetto architettonico del corpo fisico della città.

L’idea di processo corrisponde ad un’evidenza. Quella per cui la struttura, oggi, è globale o mondiale . E manifesta i sui effetti di rottura localmente.

E la risposta a come riadeguare il locale alle condizioni globali è pensata localmente, non senza l’intreccio con istanze superiori a diversa scala istituzionale (territorialmente).

In questi primi decenni del XXI secolo, l’inizio del terzo millennio si afferma, lo verifichiamo quotidianamente, un intreccio, solo apparentemente a-sistematico, in cui operazioni semispontanee come le formazioni lineari sostenute da infrastrutture autostradali si intrecciano a rete, cioè nei nodi o poli, con infrastrutture ferroviarie e aeroportuali o portuali necessariamente pianificate e con poli di condensazione funzionale, megaforme o morfotipi urbani. Tale rete di reti, o costellazione di costellazione di poli, a sua volta, si combina con infrastrutture informatiche (elettrotelematiche), determinando il modo processuale di formarsi e riformarsi della città, che concreta il suo specifico metabolismo e di conseguenza la sua biografia urbana. La nuova terminologia concettuale, si rende necessaria per distinguere il processo, necessariamente sequenziale, delle opere dal cambiamento, dal modo non incrementale dello stato determinato in sito. Il modo di funzionamento (ed anche la loro struttura ed il relativo paradigma) degli insediamenti urbani può risultare (come oggi capita ad ogni costruzione di infrastrutturale di trasporto e elettrotelematica) sostanzialmente rivoluzionato.

In proposito noto che gli “utenti” degli insediamenti non a caso chiamati da Augè non luoghi, non sono esclusivamente nativi, né residenti stabili, neppure stabilmente domiciliati. Ma solo temporaneamente tali e stabilmente residenti o domiciliati altrove. Questi sono i “nuovi” cittadini, che possono presentificarsi solo per qualche ora o addirittura in modalità virtuale o in streaming.
Evidentemente è per il rapporto dei luoghi tra costoro e le persone costà insediate stabilmente che l’insediamento locale è attrezzato di infrastrutture aeree e ferroviarie che li estraggono dalla prossimità contigua e li rendono “prossimi” in modalità protesica. Perciò, sono stati definiti due concetti di tempo che riassumono le “facoltà” protesiche comportate dalle infrastrutture di comunicazione e trasporto. Sono i concetti di tempo reale e tempo utile.


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