L’uso del nome Tecnigrafo post-alessandrino conferisce all’atto mentale la sua dimensione tecnica (la sua necessità, come mezzo e come fine) e simultaneamente, all’atto tecnico la dimensione ideale nell’automatismo nell’automatismo messo in azione.
Si tratta, in concreto, di considerare l’operare dello strumento come estroversione di atti del pensiero.
L’emergere del paradigma ipotattico impone all’attenzione del pensare l’azione del pensare che accompagna il fare ed il sentire. Nel caso del tractatus, il nome stesso dello strumento operativo usato dal Caliari, tecnigrafo postalessandrino, indica che attenzione degli studiosi è stata volta all’opera mentale esposta da uno strumento tecnico: la traccia geometrica esposta sulla tavola da disegno, tra i punti notevoli della costruzione – quelli centrali, spontaneamente assunti dall’attore sopravvenuto ad osservare il paesaggio interno delimitato dai muri – coincidenti con quelli della figura tracciata per funi e picchetti in cantiere per regolare l’opera muraria ed il volume contenuto. Dico della figura dispositiva mentalmente concepita e fisicamente tracciata sul campo nel momento iniziale dell’opera in cantiere. La quale figura mentale, non è fatta solo per regolare l’esecuzione, ma per concentrare l’attenzione dell’occhio esplorante che contempla la superficie delle murature periferiche delimitanti il volume circostante. Quella che costituisce sfondo delle immagini di opere d’arte, mosaici o dipinti e sculture ed altri arredi. Quella che imprime automaticamente nella mente il dato: il momento della memorizzazione “passiva” o ritenzionale. Cui corrisponde l’altro, o attivo, quello rammemorante ed immaginante sostenuto dal ragionamento ingloba una logica. Parlo di una laicizzazione del pensiero mitopoietico e religioso. Che pure non può mancare.
Parlo di una costruzione del pensiero governata da una regola logicosintattica mirante a trattenere il pensiero sulla realtà piuttosto che sulla facoltà mitopoietica che pure caratterizza come quello logico_critico, l’operare mentale dell’uomo. Essa costruzione impone prioritariamente la sua necessità subordinando tutti gli altri dispositivi sintattici. Se ne deduce la implicazione della serie di dispositivi logico sintattici reciprocamente subordinati o meglio implicati: il tracciamento dell’allineamento dei muri, quello delle soglie d’accesso, quello delle vie di percorso . Ai quali si aggiunge, come prioritario, quello dei centri di osservazione del paesaggio interno ai singoli monumenti, che le mura stesse costituiscono, ripeto, con le figure della loro forma impresse sulla superficie e con quelle delle sculture o arredi poste nelle nicchie od altre posizioni accidentali.
Essa implica nello sganciare le sue operazioni da quelle più direttamente operative del cantiere un operare mentale prioritario: progettante o concettivo. Indice di un “sapere concepire come fare” sviluppato nello stesso fare. Tale ulteriore fare è pensare la memoria. Un’azione operante sulla memoria non in senso mitopoietico ma logico critico .
Cioè partendo dalle pratiche della retorica la disciplina della memoria un’arte capace di legare alla percezione dei luoghi esistenti esplorati o circospezionati nel campo quotidianamente frequentato la memoria di luoghi memorizzati nell’esplorazione competizione bellica e nella organizzazione successiva alla conquista di cui oggi occorre prendersi cura per non perderli, a partire da quelli estremi o periferici più esposti ad essere perduti.
Di un tale esercizio mentale estremamente realistico nel possibile, benchè documentariamente non accertato ci riferisce lo studio di Pier Federico Caliari che a nostra volta ci preme documentare piuttosto la potenza per l’oggi che non l’esercizio di ieri.


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