Lo studio di Doxiadis chiarisce il principio fondamentale del mos maiorum, quello che lega indissolubilmente l’occhio con la mano il piede nell’azione umana in itinere, quindi pensata nella circospezione indissolubile congiunzione tra agire e pensare cioè memorizzare, immaginare ragionare reagire a ciò che capita.
Lo possiamo osservare in un momento distinto entro un atto rituale comune e sociale compiuto da tutta la cittadinanza in un momento preciso e festivo (eccezionale di) presenza, memorabile (perciò sacro come marchio distintivo). Quindi da rammememorare pensandolo in assenza o in astratto.
Rispetto a questa il grafo del paradigma dispositivo di villa adriana è l’opposto.
Penso in concreto, dapprima al momento della civiltà greca classica nel quarto secolo a.C., vissuto dai cittadini ateniesi. Quello festivo celebrato dalla processione panatenaica dalle porte della città alle soglie dell’acropoli da cui si contemplano i monumenti identificatori della citta, il Partenone, l’Eretteo e tra i due la celebre statua di Athena.
Penso poi alla città dimora di Adriano i cui punti individuatori non possono vantare alcuna processione che conduca dall’uno all’altro in base al schema dispositivo policentrico, radiale ipotattico costruito con il tecnigrafo digitale analogo nella logica dispositiva a quello che ne dettò le posizioni originarie.
Perciò la disposizione di Villa Adriana si oppone al sitema ippodameo, paratattico il quale mimando la circospezione naturale che prevede l’ovvia sosta alla soglia e la proiezione a quel punto d’arresto, dei raggi visivi in coerenza con questo, dispone il fascio dei raggi.
Invece del naturale percorso processionale, lo schema post-alessandrino ed adrianeo, non mima nessun percorso. Procede per spostamenti virtuali dall’uno all’altro centro o per reciproche sostituzioni. Serve un’arte della memoria. Non come mnemotecnica del retore; invece come arte del pensare la topografia dei luoghi remoti coniugando luogo a luogo i luoghi circostanti con gli altri. Conferendo alla testimonianza di Sparziano, un modo concreto dell’operare mentalmente in base alla disposizione. Dice l’autore della biografia adrianea: «Fece costruire con eccezionale sfarzo una villa a Tivoli dove erano riprodotti con i loro nomi le più celebri provincie dell’impero, come il Liceo, L’Accademia, il Pritaneo, la città di Canopo, il Pecile e la valle di tempe; e per non tralasciare proprio nulla, vi aveva fatto raffigurare anche gli inferi » (Elio Sparziano, Historia Augusta, vita Hadriani, XXVI, 5).


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