14_MILANO CAPITALE DEL MODERNO_foto_libro

 

 

 

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Un libro.

Testimonia di un evento tenuto in questo stesso luogo due anni fa. Ne celebra la  memoria al futuro.

Parlo di un dialogo in assenza a memoria di un dialogo in presenza.

Due anni fa si incontravano persone. Ora si legge.

Un libro e non un testo digitale. Per l’evento in tempo reale, occorre il web. Ma per avere memoria occorre il libro, il primo e più importante “Media”, il libro.

Un  fatto che innesca il rapporto memoria/immaginazione_arte.

Ho detto celebra, usando una parola inconsueta per sottolineare l’apprezzamento del valore dell’evento e del libro. Penso che sia stato il più importante appello alla comunità scientifica e artistica degli architetti, designer,  storici teorici e pubblicisti che trattano di quest’arte con intento scientifico e divulgativo, perché si riunisca nella comunicazione e nel dialogo.

Allora ciò che si celebra davvero è l’idea e la forma dell’incontro, del dialogo, della comunicazione.

L’idea dell’evento, che fonda l’intreccio del libro.

La forma dell’intreccio dei temi e argomenti che animarono le ore delle giornate ricorrenti nei  sei mesi di Expo. Quando i relatori, qualche centinaio, si sono succeduti al tavolo per argomentare i temi, ciascuno col proprio ruolo e funzione nelle molte facce dell’architettura.

Parlo dell’idea di Lorenzo degli Esposti.

Il quale ha concepito attorno all’architettura l’intreccio necessario all’incontro, al confronto e dialogo: aperto, multitasking, poli_disciplinare e poli_generazionale.

 

Il padiglione dell’architettura.

Così il padiglione di Expo2015 è stato il momento di ricognizione più ampia del sapere che riguardando l’architettura, è un sapere appartenente al tema: “Nutrire il pianeta”, mentre si nutre materialmente e spiritualmente la società che abita il pianeta.

Una ricognizione che, consegnata alle generazioni a venire affinché sappiano cosa  occupava l’attenzione degli architetti, all’inizio del terzo millennio a Milano. La presentava idealmente ai millennials, che stanno subendo e subiranno, nel nostro paese, le conseguenze del “declino” contro cui Milano si batte.

Milano è moderna per questo: perché tenta di battersi contro un declino, sempre imminente.

Perciò l’intreccio è stato il più ampio possibile. E, per usare una metafora

Occorre allora dire qualcosa sul carattere dell’evento, sulla “forma” che struttura il libro?

In proposito vale la metafora di Vittorio Sgarbi cui va il plauso per aver dato luogo all’iniziativa di Lorenzo nella sezione di Expo affidatagli: composizione ariostea.

Si riferisce ovviamente al poema cavalleresco che inaugura col libro a stampa la narrazione moderna nella sua prima forma: l’intreccio labirintico in cui si svolge una impresa corale ove l’azione di ciascuno, individualmente trova il giusto posto.

Tale penso sia stato il carattere dell’evento. Quale emerge, altresì dalla strutturazione del libro. Apre al confronto persino alla competizione, ma entro il dialogo tra attori e visioni diverse che ne è necessaria premessa.

Così nasce questo libro.

Un libro.

Apparentemente sembra voler tornare indietro e sostituire una pubblicazione che venga dal mondo dell’informatica.

Invece ne è il complemento.

Al mondo informatico, infatti oggi manca la memoria di sé stesso e delle sue azioni. E ci condanna ad essere prigionieri del presente. Vale solo ciò che avviene di ora in ora nello spostarsi automatico del presente. Perciò quello che lega tra loro le generazioni perde di valore. Insieme al tempo medio e lungo che ricomprende chi, non ancora concepito, potrà, davvero valersi di ciò che stiamo facendo oggi.

 

Sostengo che, se come penso, l’universo informatico ha valore per i poteri che conferisce alla presenza d’oggi, il libro è necessario a conferire a tale presenza il tempo necessario a pensare di nuovo al suo valore o disvalore domani, al suo stesso appartenere all’ora metaforica del tempo memorizzato.

Compare allora il terzo testo.

Che non è un libro.

Ma l’opera umana come fatto e la scienza o meglio l’arte come saper fare e scienza applicata che produce la città, le case nella città e ciò che chiamiamo architettura: sapere nel mondo e con il mondo costruire. Saper costruire l’ambiente abitabile dagli uomini.

L’ho chiamato testo.

Il terzo testo.

Avrei dovuto chiamarlo il primo testo. Quello esistenziale e somatico.

Ma ho inteso il mio tempo. Ho voluto quindi rispettare la contemporaneità che oggi è assorbita dall’universo del web come “media” universale della comunicazione e dell’informazione nell’esistenza d’oggi. Per il quale il libro è testo complementare per memoria metastorica di ciò che vale la pena pensare e ripensare mentre abitiamo il terzo testo di cui non pensiamo se non attraverso i giornali e l’informazione pubblica.

Quando chiamo terzo la città e le dimore costruite in cui viviamo la quotidianità, rimuovo il fatto che esso non sia affatto un testo, bensì la ingenua e somatica condizione di vita. Emerge allora il valore non esistenziale dell’opera costruita.

Il valore per il pensiero e per il lavoro del pensiero sul sapere, che è stato condizione dell’aver “costruito” il fiume del tempo poietico abitato dall’arte e dalla scienza. Parlo dell’arte della memoria. Nella quale l’architettura ha un ruolo insostituibile fino alla più remota antichità, e che il libro, malgrado i timori di Victor Hugo, non ha potuto sostituire. Solo ampliarne i poteri diacronici e scientifici. E che il web certo non sostituisce, solo ne amplia i poteri sincronici.

Di questo terzo testo e per esso, per l’architettura come modo somatico_esistenziale di attualizzare universalmente i poteri che sono stati scoperti_inventati nel gran fiume dei fatti poietici cioè scientifici ed artistici, si è occupata la  concezione ariostea dell’evento Padiglione dell’architettura al belvedere del grattacielo Pirelli per Expo 2015 e la sua realizzazione negli appuntamenti settimanali densissimi succeduti per i sei mesi della manifestazione. Dei quali abbiamo goduto il garbo e la costanza del conduttore che coincidendo con che, avendola precedentemente concepita con l’intelligenza necessaria al dialogo polimorfo che ha reso possibile l’evento, ha anche saputo così condurla.

Sul terzo testo su cui sto portando l’attenzione: testo architettonico come comunicazione somatica o esistenziale del sapere per l’esistenza sociale degli uomini, occorre riflettere.

Per esso occorre ripensare alla dimensione scientifica dell’arte e delle arti prima dello scire per causas, modello, oggi delle scienze positive. Sapere osservare ed intuire il vero nella manifestazione dei fenomeni del mondo è proprio dell’arte piuttosto che delle scienze positive. Solo un cenno a proposito del sapere che si conquista e  mette in comune nel dialogo d’arte tra artigiani ed artisti dediti alla pittura, scultura e architettura nelle epoche storiche in cui queste arti hanno vissuto i loro momenti di più alta vitalità. E mi riferisco al passato prossimo di cui sono stato testimone, soprattutto, cioè il secondo dopoguerra.

Mi preme però riferirmi all’idea d’architetto enunciata da Eupalinos, di Valèry: l’osso di seppia osservato nella danza ispirata da una interna musica.

Così esplorando, si scopre_inventa un saper fare esposto nella costruzione stessa e nei suoi alterego mediatici: modelli e disegni informatici.

Sottolineo, per concludere, il valore radicale della scienza  applicata per la mentalità moderna milanese. Ne ricordo l’ascendenza a Carlo Cattaneo.

Penso sia questo il segreto della modernità di Milano.

Sono tornato al titolo dell’evento e del libro.

E finisco ringraziando tutti voi per l’attenzione.

 

 

Ernesto d’Alfonso

 


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