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Esiste ancora per la nostra disciplina un ruolo nel disegno delle città e delle sue parti, o questo è oramai interamente demandato alle parti economiche, politiche e comunicative? Può il ruolo dell’architettura ridursi ad ornamento, a cosmesi urbana per immagini di marketing di una società interessata ai singoli affari immobiliari? La città contemporanea trasformata in postmetropoli rappresenta la vittoria del tempo sullo spazio oppure a partire da una critica dello stato attuale è possibile immaginare un nuovo ordine?

Nell’era globale la città diffusa è cresciuta non rispettando le naturali condizioni insediative e dimenticando la “geografia”, la storia e la memoria dei luoghi.

Nella città storica, invece, possiamo leggere come il disegno urbano fa parte di un progetto unitario dell’architettura della città, i pieni prevalgono sui vuoti e il tessuto abitativo si distingue da quello pubblico per ragioni morfologiche, gli spazi pubblici emergono come degli interni circondati dai monumenti. Il rapporto tra pieni e vuoti si capovolge nella città contemporanea: i vuoti prevalgono sui pieni, e questo fenomeno viene rappresentato da Colin Rowe con un corrispondente capovolgimento nella rappresentazione: in bianco i pieni e in nero i vuoti.

Il vuoto si configura come lo spazio tra le cose: interstizi, aree a margine delle infrastrutture, nodi irrisolti della contemporaneità dove gli unici elementi in grado di confrontarsi e misurarsi con le città sono le infrastrutture: grandi linee tra i frammenti discontinui.

Con questi materiali deve avere il coraggio di confrontarsi oggi l’architetto contemporaneo, attuando un’analisi critica per immaginare la città del futuro attraverso un progetto capace di trasformare un luogo da vuoto a spazio.

Le idee progettuali che nascono dalla ricerca universitaria palermitana si muovono in questa direzione: soluzioni puntuali che caratterizzano la città come organismo unitario, per dare ordine alla forma della città.

Nei laboratori di laurea del prof. Marcello Panzarella, a cui collaboro come tutor, si immagina la città del futuro partendo dallo studio della condizione attuale. Oggetto di tale studio è “Palermo Sud-Est”, una porzione di territorio, tra i monti e il mare, porta territoriale del Corridoio europeo n.1 Berlino-Palermo; caratterizzata oggi da un’urbanizzazione senza regole: residenze, agglomerati industriali, aree di stoccaggio, poli commerciali, discariche abusive, autodemolizioni.

Il lavoro del laboratorio si contrappone al silenzio delle carte dei Piani Regolatori dove la città è sempre piatta e i planivolumetrici indicano soltanto una possibile cubatura; la questione è il progetto esplicitato nelle tre dimensioni, assecondato da una funzione necessaria e immaginato nella sua figura.

I progetti indagano le mancanze e le necessità attuali: la progettazione di un  nuovo alveo per il fiume Oreto, che nella configurazione attuale costituisce occasione di  un grande rischio idrogeologico, un nuovo parco nel corso inferiore del fiume, un centro direzionale regionale, la rifunzionalizzazione della Stazione Centrale p. es. come grande albergo, una moschea come segno di apertura interculturale, ma soprattutto la razionalizzazione del sistema stradale.

In questa visione la città è considerata come manufatto architettonico il cui disegno deve essere in grado di dare forma allo spazio fisico, il pubblico diventa il luogo dell’identità collettiva urbana, per una società capace di esprimere le sue forme democratiche.


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