I tre strati si deformano sovrapponendosi . il terreno modellato  e interrotto ripropone la morfologia medioevale pieno vuoto; i percorsi si fondono deformandosi, tra griglia ortogonale e pellegrini. Il tutto inciso nel terreno per rivoluzionare il rapporto tra figura e sfondo. E parla di rapporto figura figura. (P. Eisenman)

 

Nel contesto di una dimensione metropolitana dove la scala della stessa ha messo in discussione le figura classiche dello spazio pubblico appare importante portare l’attenzione sullo studio del landscape/paesaggio in questa fase ancora genericamente inteso.

Quando si parla di metropoli essa è frequentemente descritta attraverso i suoi tratti di spazio di flussi, di “netcity”, di strutturazione rizomatica. Pur volendo sostenere l’attualità questa lettura, appare fondamentale uno sguardo che riesca a sovrapporre a queste una dimensione più fisica, fatta anche di concetti spaziali, di tessuti e per l’appunto di territori. Un sguardo che tenda a riaffermare l’importanza e la centralità di un territorio (inteso come insieme/set di paesaggi) nei confronti della metropoli e che deve vedere costruito e non costruito, pieno e vuoto landscape e urbanscape come caratteri e elementi di un’unica realtà.

Una delle scommesse delle metropoli è appunto quello di individuare nel paesaggio  – residuale –  per l’appunto,  il collante alla scala umana di una realtà tenuta insieme troppo spesso solo dal mezzo meccanico caratterizzante la nuova scala “regionale” laddove non  appare più possibile individuare nelle figure urbane di piazza, viale, ma anche di parco urbano, il ruolo di “collettore” di situazioni, di ritrovo multietnico e multimodale.  In questo senso, si vuole ribadire la centralità del paesaggio, in questa situazione necessariamente e volutamente artificilaizzato come “between” e non solo come “buffer” cuscinetto o retro di altre, deboli centralità.

Nello specifico, parlare in questi termini di paesaggio può significare da una parte un’attenzione ad un carattere di continuità di fruizione e di vista  ma anche ragionare su una difficile relazione che in questa continuità si può individuare tra densificazione e rarefazione dello spazio e degli “stimoli” intese entrambe come elementi fondamentali della dimensione metropolitana. Da un punto di vista della scala regionale diviene fondamentale individuare gli strumenti di lettura e di interpretazione di una complessità delicata, da un punto di vista della scala architettonica diviene fondamentale un approccio che tenda a chiarire la complessità e il modo in cui questo elemento continuo di superficie diventi nodo tridimensionale.

Da questo punto di vista la progettazione architettonica si confronta in maniera nuova con l’estensione e introietta i caratteri propri del paesaggio nel proprio linguaggio arricchendosi e misurandosi con l’ibridazione tipologica degli spazi e le necessità strutturali che una tale operazione richiede.

In questa dimensione il suolo, l’orizzonte, diviene primo riferimento e termine di confronto della progettazione richiedendo una definizione chiara, anche se complessa, di ciò che sta sotto e ciò che sta sopra, di ciò che è pesante e ciò che è leggero…  Ogni elemento formale continua ad avere un suo codice etico di comportamento .

Superfici  praticabili divengono ad un tempo interfaccia (nuova facciata) e  involucro di organismi complessi, stratificati, che legano tessuti, reti e paesaggi.

Quello che possiamo chiamare una stratificazione di suoli praticabili dove l’immagine del paesaggio si combina e si confronta con il tema urbano, si innesta in continuità con una visone più estesa legata al concetto di morfotipo urbano (megastruttura/megaforma). La riproposizione di figure di spazio stratificate nella nostra cultura, ibridate all’interno di organismi urbani che ne reinterpretano il senso in un montaggio articolato, si arricchisce di nuove tipologie di spazio che possano mediare il rapporto tra l’esteso e il denso.

In quest’ottica vengono proposti alcuni contributi di questa sezione riaffermando la simultanea importanza di uno sguardo che tenda a vedere la continuità tra ciò che appare come costruito e ciò che è “vuoto”

 

 


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