Ogni situazione urbana è singola e specifica.

Assistiamo a fenomeni di sviluppo urbano ad alta densità, in altezza, oppure di dispersione e diffusione, o ancora processi di gentrification oppure di trasformazione dei centri storici, proliferazione di gated communities e bidonville, ghetti, favelas, città nuove o sostituzione di parti di città.

Tutto ciò premesso, una pratica categoria per leggere e confrontare le trasformazioni urbane e le forme nella città contemporanea sembra poter essere la causa che spinge al cambiamento.

Abbiamo da un lato pratiche e forme legate allo sfruttamento del patrimonio, basate sul profitto, sulla rendita, su uno stile di vita affluente e bisogni, spesso indotti, sempre crescenti. Parleremo di “urban profit”.

Dall’altro lato, troviamo pratiche e forme legate alla sopravvivenza, e alla speranza, frutto anche di massicci fenomeni migratori, basate sull’aspettativa della libertà e di un futuro migliore. Parleremo di “urban non-profit”.

E non a caso, entrambe le modalità si trovano in paesi più o meno ricchi, in società più o meno democratiche, con economie più o meno liberistiche, in forme dense o diffuse.

Densità, usi del suolo, morfologie, mobilità, igiene, spazio pubblico, risorse, energia, acqua, sicurezza: queste le variabili che di volta in volta connotano e strutturano le forme urbane, nel loro indissolubile legame con forme della società e dell’economia.

Gli obiettivi ed i problemi che queste forme urbane pongono variano, in ogni caso, dalla sostenibilità alla inclusione/esclusione, dall’attrattività al rapporto tolleranza/conflitto.

La metropoli, come sistema di luoghi di incontro garanti sia di anonimato (=sicurezza) sia del rispetto dei valori locali (=identità), può consentire il proficuo e fecondo incontro tra i presenti e gli assenti, nella loro varia natura di ospiti, estinti o discendenti. Oppure può negarlo fino alla barbarie.

Se e come l’urbano, profit o non-profit, possa garantire la vita e lo scambio e allontanare la distruzione e l’isolamento è l’interrogativo che deve muovere l’azione ed il pensiero.

Riflessioni, sperimentazioni, ricerche e testimonianze potranno fare luce sulle forme dell’urban profit e dell’urban non-profit, in casi emblematici di megalopoli globali quali New York, Londra, Città del Messico, Milano, San Paolo, Mosca, Dehli e Shangai.

 

(Ringrazio Camilla Veronese per l’aiuto nella definizione di questo tema)


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